ТЕКСТ ЗНАЧЕЊЕ ИКОНЕ У ПРАВОСЛАВЉУ НА ИТАЛИЈАНСКОМ
Јужна Италија, Семинара 05.04.2013.


               I significato dell’icona nella Chiesa Ortodossa

Reverendissimo metropolita Genadio, Vostre Eminenze, venerabile madre Stefania e tutti i partecipanti e ospiti di questo simposio vi ringrazio per l’affetto e l’invito di prendere parte a quest’assemblea dedicata alla festa del meraviglioso santo calabrese Filareto.
Dovrei esporre brevemente sul significato delle icone nella Chiesa Ortodossa. Il tema é ampio e complesso ed è difficile trattarlo in maniera concisa, ma per ubbidienza, cercherò di svilupparlo dalla prospettiva di un’iconografa , ossia dal lato pratico e non teorico. Tuttavia è quasi inaccettabile che un iconografo non sia preparato come teologo,bisogna tener presente che l’approccio artistico nel conoscere la Verità transige i concetti, così che gli iconografi spesso rimangono privi di parole, anche se le loro opere hanno  proprio il compito di innalzare le menti verso la conoscenza del Signore che è la Verità e la Vita.
Il compito che invece è stato affidato a me da parte del reverendissimo  Metropolita Genadio, mi permette di allontanarmi, anche se per poco, dalla pittura e di occuparmi delle basi teologiche dell’iconografia.
Prima di tutto vorrei spiegarvi quali perplessità e dubbi attraversa un iconografo dal momento in cui gli viene chiesto di realizzare un’icona. Cercherò di rendervi più vicini i dolci tormenti della creazione,spesso descritti da numerosissimi poeti.
Forse la gioia più grande per un iconografo è quando si trova da solo davanti alla superficie bianca, che aspetta immobile e muta che da essa emerga il volto del Signore, della Madre di Dio, di un santo, oppure la rappresentazione di una festività.Sapete quali sono le domande che cominciano ad assalire l’artista? Riprodurre fedelmente una famosa icona antica con lo stesso soggetto? Copiare solo il disegno aggiungendo il colorito più vivace e magari un’interessante sfondo diverso da quello dipinto sull’originale, oppure è meglio impegnarsi a cercare disegno, colori e tecnica artistica propria?
La soluzione più immediata e più sicura è quella di riprodurre accuratamente  il modello scelto, già esistente.             .
Cosa fare però, a questo punto, con il proprio talento artistico, con la necessità di provare a disegnare ad es. la mia Madre di Dio? L’ ho riprodotta talmente tante volte che probabilmente riuscirei a dipingerla  ad occhi chiusi. E perché non dovrei,invece,impegnarmi a dipingerla come Dio mi ammaestra, dopo aver osservato e riprodotto con grande cura così tante icone della Madre di Dio? Chiaramente in preghiera, con autocritica, con il gioire nei colori, lo stesso identico che hanno i bambini quando ricevono i pastelli in dono,ma conoscendo bene tutto ciò che contraddistingue un’icona autentica.
Credo che a questo punto del mio discorso potrei accennare brevemente  qualcosa sulle basi dell’ icona, radicate nei Vangeli e nella patristica, e sul suo aspetto dogmatico ed estetico.
.“Quel che era dal principio,quel che abbiamo udito, quel che abbiamo visto con i nostri occhi, quel che abbiamo contemplato e che le nostre mani hanno toccato della Parola (Logos) della vita : e la Vita è stata manifestata e noi l’abbiamo vista e ne rendiamo testimonianza…” prima epistola dell’Apostolo Giovanni
Queste parole riassumono tutto ciò che la Chiesa ha da dire su quest’argomento. San Giovanni Damasceno, come una sorta di eco delle parole citate, esprime un simile pensiero : “ Ho visto Dio con la sembianza umana e la mia anima è salva.”
La possibilità di realizzare le icone è fondata proprio sull’incarnazione di Cristo. L’icona rappresenta il pegno dell’incarnazione divina, perciò negare un’icona di Cristo,secondo la dottrina della Chiesa,è come negare la Sua incarnazione. Il concilio iconoclasta del 764, con il trattato dell’imperatore Costantino V ,detto il Copronimo, rinnega la venerazione delle icone,riferendosi alle Sacre Scritture dell’ Antico e del Nuovo testamento.Secondo gli iconoclasti l’icona deve essere consustanziale a Colui che rappresenta, si considera come icona solo ciò che è identico al prototipo.
Per loro solamente l’Eucaristia è un’icona autentica, perché i Santi Doni sono l’unica icona identica all’incarnazione.
Per la Chiesa ortodossa i Santi Doni non sono un’icona,perché sono identici al  loro Prototipo. I Santi Padri non menzionano mai l’Eucaristia come icona, bensì come il vero Corpo e Sangue di Cristo.La stessa  parola “icona”(eikon) comprende una differenza essenziale tra l’immagine e il suo prototipo, secondo le parole di G.Ostrogorski nel suo libro “ Basi per una discussione sulle sante icone.”
“L’icona è simile al suo prototipo grazie alla perfezione della riproduzione artistica, ma la sua natura è differente rispetto al prototipo,e se non fosse differente sarebbe essa stessa il prototipo.” Patriarca Niciforo
Secondo gli iconoclasti se l’icona raffigura solamente la natura umana di Cristo, avviene la separazione delle due nature di Cristo, e viene rappresentata solamente la natura umana di Cristo.Gli ortodossi,invece, distinguono la natura dall’ipostasi. L’icona non rappresenta la natura bensì l’ipostasi,  come spiega San Teodoro Studitis l’ipostasi di Cristo unisce le Sue due nature,senza mischiarle né separarle, come recita il dogma del concilio di Calcedonia.
L’icona è l’apparizione e la manifestazione del mondo ultraterreno che irradia il mondo terreno. L’icona è come uno spiraglio, una finestra del mondo materiale attraverso la quale fluisce la realtà immateriale e invisibile dentro i nostri confini del tempo e dello spazio. L’icona innalza spiritualmente lo spettatore “dall’immagine alla prima immagine”. La venerazione dell’icona si riferisce al prototipo, e colui che venera un’icona, venera in realtà la persona che su di essa è  raffigurata. 
L’icona raffigura sempre la presenza divina nel creato, sia attraverso i santi che attraverso eventi della storia religiosa. Tuttavia la presenza divina nel creato implica un mutamento, una trasformazione mediante la santificazione, o meglio dire una metamorfosi del creato nella sua essenza. Tutte le icone esprimono questa metamorfosi che è l’anticamera del Regno dei Cieli qui sulla terra. E’ il loro messaggio sostanziale, che le differenzia da qualsiasi altra forma di pittura artistica. Per questa ragione, le icone migliori sono proprio quelle che in maniera più possibilmente perfetta raffigurano la metamorfosi subita del creato, nelle persone umane e nell’ambiente.
Quali sono le origini dell’icona?  
Il nostro Signore Gesù Cristo, con il suo volto anarcheopito (non fatto da mano umana), che come narra la tradizione, inviò al re Abgar di Edessa, lo fece guarire dal male incurabile e allo stesso tempo santificò la sua anima. Il volto anarcheopito viene menzionato da San Giovanni Damasceno durante la crisi iconoclasta, e nel 787 d.C. viene ricordato numerose volte dai Padri del Settimo concilio ecumenico…
Si ritiene che San Luca Apostolo fosse uno dei primi iconografi. Alcuni pittori italiani prima di Cimabue si stimavano come iconografi, anche se la pittura occidentale più tardi si è sviluppata verso l’illusione del mondo carnale, arrivando alle rappresentazioni scenografiche e alla prospettiva monoculare.  
Ciò che maggiormente contraddistingue un’icona ortodossa rispetto all’arte occidentale, dal Rinascimento all’arte moderna, è l’organizzazione dello spazio. La rappresentazione dello spazio sulle icone non segue i canoni rigidi di un sistema stereometrico anticipatamente concepito, bensì si basa direttamente sull’esperienza naturale della percezione visiva umana, bioculare e dinamica. Lo spazio così raffigurato si potrebbe definire come “ spazio aperto” perché l’icona tende a includere lo spettatore nello spazio rappresentato e per ottenerlo addotta la così detta “ prospettiva inversa”, Oltre alla peculiare organizzazione dello spazio, si evidenzia con la stessa importanza anche la coloritura come particolarità di un’icona. Per alcune icone  russe e greche molto antiche fu necessario un grandissimo e faticoso impegno da parte degli esperti restauratori per far riemergere la brillantezza dei colori  e riportare alla luce questi capolavori che non lasciarono indifferenti molti artisti, inclusi i maestri come Kandinski e Matisse.
“ Solamente la spiritualità intensa, vissuta quotidianamente dagli iconografi, è ciò che permette loro non solo di concepire ancora qui sulla terra,la bellezza linda e gioiosa che non appartiene a questo mondo, ma anche di ottenerla e presentarla agli altri.” Citazione del proto sacerdote Nikolaj Ozoljin tratta dall’opera  “Icona come raffigurazione liturgica ortodossa”
L’arte sacra,come ogni altro tipo d’arte, è un linguaggio che si esprime con le proprie forme. Come tutte le opere artistiche anche l’icona trasmette il suo messaggio tramite la forma, ossia tramite il proprio stile.
Per quanto invece riguarda il contenuto , sappiamo che è stato stabilito e definito nell’epoca dell’ultimo infiammarsi di discussioni cristologiche, durante la crisi iconoclasta del VIII (ottavo) e IX (nono) secolo. E’ nota la base cristologica dell’icona, elaborata con massima precisione  proprio in quell’epoca.
Leggendo le testimonianze dei Santi Padri, soprattutto di San Giovanni Damasceno, San Teodoro Studitis , San Germano e San Niciforo, patriarchi di Costantinopoli, e gli atti del secondo Concilio di Nicea, si avvince che la tradizione considera come dogmatica l’essenza del Sacro Volto.
Ai padri appartiene di stabilire il contenuto della composizione e all’iconografo solamente l’esecuzione tecnica.
Per un vero artista iconografo i canoni non rappresentano mai un ostacolo, egli non insiste sulla propria concezione iconografica, bensì accetta, senza egoismo ossessivo, la composizione prestabilita come un fatto oggettivo e un legame con l’umanità intera.
“ E’ impossibile trovare due icone identiche, e la similitudine che si nota durante l’osservazione, non fa altro che accentuare la totale originalità e unicità di ognuna di esse.”  Citazione di Milorad Jovic, tratta da “ L’estetica dell’icona nell’interpretazione di P.A.Florenski”
“L’icona della Santissima Trinità, viene rappresentata da secoli con la stessa composizione: Tre Angeli seduti intorno ad una mensa,  l’ospitalità di Abramo  si dipinge in questa maniera già dal IV (quarto) secolo, tuttavia la famosa Santissima Trinità di Andrei Rubljov rimane allo stesso tempo antica e moderna.” Citazione di Milorad Jovic, tratta da “ L’estetica dell’icona nell’interpretazione di P.A.Florenski”
Dal tentativo di raffigurare l’Ipostasi di Cristo sull’icona, scaturiscono tutte le soluzioni artistiche trovate dagli iconografi cristiani. Da qui proviene l’originalità di ogni singola icona. Non basta realizzare una volta un nuovo ritratto. Ogni iconografo cristiano, se vive in maniera ecclesiastica e liturgica l’eternità e la libertà come stupore che Cristo introduce nella vita reale, cercherà di esprimerlo nella propria pittura con modi e soluzioni artistiche nuove, secondo le parole del proto sacerdote Stamatis Skiliris
“ Di un iconografo si potrebbe dire il seguente: se utilizza le soluzioni pittoriche prestabilite, danneggia l’originalità di Cristo e falsifica la realtà della Trasfigurazione,negando in questo modo l’incarnazione di Cristo in ciascun uomo di ogni epoca. E al contrario , più cerca di identificarsi nella realtà dell’eternità, con soluzioni pittoriche nuove, più risulterà ortodosso. Infine come il cuoco di un monastero che chiede perdono al termine del pranzo, anche l’iconografo dopo ogni icona dipinta dovrebbe pregare “ Signore perdonami perché ti ho raffigurato come vecchio” Stamatis Skiliris
“ Purtroppo la crisi spirituale che stiamo attraversando noi cristiani negli ultimi secoli spesso porta alla perdita della percezione dell’originalità che ci sono stati donati con la Trasfigurazione e la Resurrezione  e alla privazione di una vita radicalmente diversa e nuova che è stata vissuta dai nostri avi. Attualmente la vita dei santi viene rappresentata come un “ imitazione di Cristo” , o ancor peggio come imitazione dei prototipi etici.La fedeltà alla tradizione sacra sta perdendo i criteri dell’eternità e si sta trasformando in un’imitazione degli antichi modelli artistici. Noi iconografi sulle icone che realizziamo spesso rendiamo antico il messaggio di Cristo, indirizzandolo verso il passato. Di solito le sottoponiamo alla patinatura artificiale, tendendo di più a farle sembrare antiche che a dipingervi la vita nuova. Tutto questo genera in noi falsi criteri di veridicità e di originalità e così finiamo a dubitare dell’ autenticità ogni qualvolta la incontriamo nella vita e nell’iconografia.
I pochi cristiani autentici per questo motivo si sentiranno come passeggeri sperduti sulla Nave della Chiesa.” proto sacerdote Stamatis Skiliris proto sacerdote Stamatis Skiliris“ Duemila anni di pittura cristiana”
In queste parole del teologo e iconografo contemporaneo padre Skiliris, io ho trovato le risposte ai miei dilemmi e con molto coraggio ho continuato sulla strada nella quale mi stava portando la mia intuizione – alla ricerca di un’iconografia autentica.
La miglior prova del valore di un’icona sono le reazioni dei visitatori. Ho osservato molte volte come i visitatori del monastero,provenienti da tutte le parti del mondo, indifferenti e distanziati, quando entrano nel mio atelier ,cambiano completamente l’espressione, vengono illuminati dalle icone, trasformati, la distanza scompare, cercano la conversazione e  la confidenza.Per me questi momenti di stupore di fronte ai volti che dall’eternità penetrano attraverso le finestre delle superfici dipinte, sono la conferma delle premesse teoriche dell’iconografia.

monaca Ekaterina, madre superiore della monastero Pavlica

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